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GEORGE PELECANOS su RUMORE

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Eccovi qualche stralcio della lunga intervista che mi ha rilasciato George Pelecanos Abbiamo parlato dell’ambientazione preferita dei suoi romanzi, Washington D.C., di come sia arrivato a scrivere e del perchè l’immaginario e la cultura afroamericana siano così importanti nei suoi romanzi. E poi dei suoi gusti musicali, della sua visione del mondo e infine del suo nuovo romanzo […]

Eccovi qualche stralcio della lunga intervista che mi ha rilasciato George Pelecanos
Abbiamo parlato dell’ambientazione preferita dei suoi romanzi, Washington D.C., di come sia arrivato a scrivere e del perchè l’immaginario e la cultura afroamericana siano così importanti nei suoi romanzi. E poi dei suoi gusti musicali, della sua visione del mondo e infine del suo nuovo romanzo Il giardiniere notturno.

La potete leggere integralmente sul numero di ottobre di Rumore

A proposito delle ambientazioni afro-americane dei suoi romanzi
 “Quando il grosso flusso di greci è arrivato in America, la maggior parte lavorava nel settore alimentare e gastronomico, mio padre aveva un bar e mio nonno faceva l’ambulante nei quartiere dei neri. Perciò ho avuto continui contatti con i neri, se fossi stato figlio di un professionista, di un avvocato, i neri non li avrei visti neanche da lontano […]  Washington è una città nera, quando ero ragazzino si arrivava all’ottanta percento di neri. Insieme a Detroit, Washington continua ad essere una delle città più nere d’America. Sono cresciuto per le strade di Washington, da bambino sono stato circondato da tantissimi neri, la musica, i film, tutto era permeato di quella cultura, gli sport che ho appreso per strada erano inevitabilmente di neri. Se uno vuole fare letteratura ambientata nella Washington reale, deve parlare dei neri perché i neri sono onnipresenti. A meno che uno voglia occuparsi del filone della politica e dei bianchi ricchi, ma a me personalmente non interessa per nulla.” […]
Sul rapporto con i suoi personaggi e sul come ha iniziato a scrivere
“[…] In realtà Nick Stefanos mi somiglia molto prima che cominciassi a scrivere. Ero una persona in difficoltà, non sapevo che direzione prendere, qualche bicchiere di troppo, molta musica punk e rock’n’roll, una vita incasinata, quello ero io mentre meditavo di diventare uno scrittore. Quando poi il libro l’ho scritto, ecco: in quel momento ho trovato me stesso, ho trovato una direzione nella mia vita e un progetto da portare avanti e anche quello è il momento in cui io e Nick Stefanos prendiamo direzioni di vita completamente divergenti e una opposta all’altra. E poi anche in King suckerman il personaggio di Dimitri Karras senz’altro mi assomiglia un pochino. Poi nei libri successivi c’è sempre meno di me fino alla serie di Derek Strange, in cui di me non c’è proprio più nulla, quelli sono personaggi inventati, la razza, la cultura, lo stile di vita non hanno proprio più nulla e questa grande distanza con me stesso credo mi abbia fatto scrivere i miei più bei libri […]
Mi ricordo molto bene che l’idea mi era venuta già da studente, poi chi mi ha fatto scattare la molla è stato un insegnante […]  Inseguendo il sogno di fare lo scrittore mi sono messo a leggere due tre libri per settimana per dieci anni, per capire ma soprattutto per acquisire la fiducia che ce la potessi fare e così a trentun’anni sono riuscito a scrivere il mio primo libro.”
In Italia siamo in pieno revival western con la retrospettiva di Tarantino al Festival di Venezia.
“E’ giusto, anche qui torniamo alle origini greche, come tutti i greci ho amato l’western, perché quello che c’era lì dentro era la nostra idea di America, erano dei miti, creavano una cosa che non era la realtà ma era la nostra idea di America. Era tipico: la domenica, dopo la messa, si andava a casa dei nonni e si guardava un film western. Io amo gli western italiani, non solo C’era una volta il west (di Sergio Leone .ndr) ma anche La Resa dei Conti (di Sergio Sollima .ndr), Da uomo a uomo (di Giulio Petroni .ndr), Vamos a matar, compañeros (di Sergio Corbucci .ndr), Quien sabe? (di Damiano Damiani .ndr).  Io ne ero pazzo e al tempo il mio sogno era di diventare un regista di film western o uno scrittore western ma non mi sentivo pronto e alla fine ho scritto dei western metropolitani, ho creato il personaggio di Derek Strange con le colonne sonore che lui ascolta, mentre scrivevo Right as rain ho ascoltato anch’io Morricone perchè mi ispirasse, in realtà non me ne accorgevo ma stavo scrivendo un western travestito da giallo.”
 

Di Giulia Gadaleta


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