avventura – MOMPRACEM http://www.mompracemradio.it/mompracem Settimanale avventuroso di letteratura Fri, 04 Nov 2011 13:52:08 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.7.1 TERZA EDIZIONE DEL PREMIO SALGARI: CACUCCI, MILANI, COLITTO http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/05/22/terza-edizione-del-premio-salgari-cacucci-milani-colitto/ Sat, 22 May 2010 16:00:22 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=924
Puntata dell’8 maggio 2010

Il Premio Letterario “Emilio Salgàri”, giunto alla terza edizione, valorizza e promuove la tradizione della letteratura d’avventura italiana in chiave moderna di cui lo scrittore Salgàri, figlio ideale della Valpolicella, è stato uno dei grandi ispiratori.

La giuria degli esperti :Alan D. Altieri, Luca Crovi, Gianfranco de Turris, Darwin Pastorin, Paola Pioppi ha individuato la terna di autori che prenderà parte alla competizione.

Hanno scelto tre opere molto diverse tra di loro. Un libro di viaggio  di Pino Cacucci, Le balene lo sanno. Viaggio nella California messicana, Feltrinelli

2009; un’autobiografia letteraria del decano degli scrittori italiani d’avventure Mino Milani, L’autore si racconta, Franco Angeli, 2009; un romanzo d’avventura di Alfredo Colitto, Cuore di ferro, Piemme, 2009.

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Cuore di Ferro, Alfredo Colitto (Piemme, 2009)

Bologna, 1311. Un discepolo dello Studium trascina a notte fonda il cadavere di un uomo fino alla porta del suo maestro Mondino de’ Liuzzi, medico e anatomista. L’uomo è stato ucciso in modo orrendo e nel torace, aperto con una sega, il cuore è stato trasformato in un blocco di ferro. Sedotto dalla possibilità di scoprire il segreto che ha consentito una simile trasmutazione, Mondino decide di aiutare il giovane che, proclamandosi innocente, gli rivela la sua vera identità. Il suo nome è Gerardo da Castelbretone e, come il suo confratello assassinato, è un cavaliere templare, che si è nascosto sotto i panni di studente di medicina. Per coprirlo, il medico è costretto a mentire all’inquisitore Uberto da Rimini, feroce accusatore dei Templari, che non tarda a bussare alla sua porta. Quando però un secondo cadavere viene ritrovato nelle stesse condizioni, Mondino e Gerardo capiscono che arrivare all’assassino prima dei domenicani è l’unica speranza che hanno per scagionarsi da qualsiasi accusa e sfuggire alle torture con cui, una volta arrestati, Uberto saprebbe far confessare loro anche ciò che non hanno mai commesso.

Ascolta l’intervista a Alfredo Colitto a cura di Giulia Gadaleta

More about L' autore si racconta

L’autore si Racconta di Mino Milani ( Franco Angeli, 2009)

Chi è Mino Milani? È, prima di tutto, uno scrittore per ragazzi. Ed è lui stesso, in queste pagine, con stile lieve e garbato, a ripercorrere una vera e propria autobiografia letteraria che si legge tutta d’un fiato.

“Ho cominciato a scrivere per ragazzi nel 1953, quando avevo venticinque anni, e credevo a quanto facevo esattamente come oggi. Sarà perché tutto sommato mi è andata bene, sarà perché sono sempre stato pessimista, ma non mi piacciono quelli che sospirano la perduta gioventù e rimpiangono le sue speranze, o addirittura le chiamano illusioni. Mai avuto illusioni, mi pare. Del resto, quelli della giovinezza non sono stati per nulla i miei anni migliori, né me la sento di rimpiangere quelle tristezze e quei tanti giorni gettati via nel tentativo di non gettarli. E andata in ogni modo così, e poiché siamo nel 2009 e il mio ultimo racconto, Udilla è stato pubblicato quattro anni fa, ho scritto per ragazzi per più di mezzo secolo”. Chi è Mino Milani? E, prima di tutto, uno scrittore per ragazzi. Ed è lui stesso, in queste pagine, con stile lieve e garbato, a ripercorrere una vera e propria autobiografia letteraria.

Ascolta l’intervista a Mino Milani a cura di Mariana Califano

More about Le balene lo sanno

Le balene lo sanno. Viaggio nella California messicana di Pino Caccuci (Feltrinelli, 2009)

Tu dici California e pensi al Golden Gate di San Francisco, alle spiagge sabbiose di Malibu, agli studi cinematografici di Hollywood. E invece, appena più giù, c’è un’altra California, che a metà Ottocento seppe resistere all’avanzata delle truppe statunitensi e conservare la propria integrità e indipendenza. È la Baja California, la California messicana: la più lunga penisola del mondo, quasi duemila chilometri conficcati nel cuore dell’Oceano Pacifico.
Pino Cacucci è ritornato nel “suo” Messico per attraversarla e per raccontarla, da sud a nord, da La Paz alla frontiera di Tijuana. Lungo la Carretera Federal 1, detta anche Transpeninsular, ha raccolto storie di pirati e tesori sepolti, di gesuiti e missioni abbandonate, di indios e viaggiatori perduti. Sulle orme di Steinbeck, che qui viaggiò nel 1940, ha riscoperto leggende di regine e perle giganti. E ovviamente si è immerso nella strepitosa natura della Baja, nelle sterminate distese di cactus, nel paesaggio lunare delle saline, nelle montagne che hanno forma di donna. E nelle baie d’incanto dove le balene si avvicinano allegre per giocare con le barche dei pescatori. Perché il Messico fu il primo paese, più di sessant’anni fa, a creare riserve protette per questi animali dall’intelligenza misteriosa, e loro lo sanno – lo hanno certamente capito – che gli uomini non sono tutti assassini, e che da queste parti vive un’umanità più autentica e amichevole.

Ascolta l’intervista a Pino Cacucci a cura di Mariana Califano

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Speciale Fantasy 1: L’acchiapparatti di Qasrabad http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/04/15/speciale-fantasy-1-lacchiapparatti-di-qasrabad/ http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/04/15/speciale-fantasy-1-lacchiapparatti-di-qasrabad/#comments Thu, 15 Apr 2010 07:57:27 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=867 Sabato è andato in onda il primo speciale sul Fantasy. Ospiti, Francesco Barbi ed Eugenio Saguatti.

A seguire abbiamo parlato del Premio Nazionale Nati per Leggere con Valeria Anfossi.

Ascolta la puntata Fantasy Italia – 10 aprile

Andrea e Marian in studio. Foto di Eugenio Saguatti

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L’acchipparatti di Qasrabad http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/04/08/lacchipparatti-di-quasrabad/ http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/04/08/lacchipparatti-di-quasrabad/#comments Thu, 08 Apr 2010 11:03:53 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=861 Sabato dedicato al fantastico quello del 10 aprile. Mompracem ospita Eugenio Saguatti e Francesco Barbi per una puntata che farà da apripista a un ciclo dedicato al genere.

Parleremo dei loro libri (decisamente fuori dai canoni): Caos a Quasrabad (Alàcran) e L’acchiapparatti (Baldini, Castoldi e Dalai) e più in generale del fantastico e del fantasy, made in Italy ma non solo.

on air: Bologna e dintorni 96.250 e 94.7 mhz
in streaming: www.rcdc.it

More about Caos a Qasrabad“…e se il problema fosse stato proprio quello? Se per qualsiasi ragione si fosse trovato senza incantesimi, come se la sarebbe cavata ?”
Nella città di Qasrabad quattro giovani studenti sono stati uccisi con un terribile rituale negromantico. A indagare sul delitto viene mandato l’elfo chierico Wakancha, che inizialmente si illude di poterne venire a capo con qualche ordinario incantesimo. Le magie però non funzionano: qualcuno ha disposto potentissimi contro-incantesimi. Invece di dare forfait, il chierico decide di rimanere e tentare strade nuove: per la prima volta nella sua lunga esistenza gli toccherà ragionare e usare la logica per sciogliere il mistero.

More about L'acchiapparattiPochi a Tilos conoscono il nome di Ghescik. Lui è soltanto il becchino, l’ometto gobbo e storpio che vive al cimitero, ai margini del paese. Pochissimi sanno che coltiva una passione insana per la feldspina e gli scritti antichi. Solo lo strambo acchiapparatti gli è amico.
Notte fonda. Al sicuro tra le mura della casa-torre diroccata, Zaccaria sta rimproverando uno dei suoi gatti quando qualcuno bussa alla porta. Il becchino si presenta con un libro rilegato in pelle scura, che sostiene di aver vinto grazie a una scommessa con lo speziale. Risale a epoche in cui la magia non era stata ancora messa al bando e sembrerebbe contenere le memorie di un defunto negromante. Ghescik non fa parola dello strano diadema rinvenuto in un sotterraneo della «torre maledetta», ma ha un solo modo per scoprire se certi suoi sospetti sono fondati: far tradurre il libro a Zaccaria che, inspiegabilmente, ha sempre avuto grandi doti come decifratore delle lingue arcane…
Inseguiti dagli sgherri dello speziale, becchino e acchiapparatti verranno catapultati nei meandri di una vicenda terribile che non coinvolgerà i soliti eroi, ma una compagine di personaggi inconsueti: un cacciatore di taglie sfigurato, una prostituta dalle molte risorse, un gigante che parla per proverbi sgrammaticati e una schiera di feroci tagliagole. Ma quale legame esiste tra il misterioso diadema e la terrificante creatura rinchiusa da secoli nelle segrete di Giloc?
Un viaggio rocambolesco, tra presagi e inganni, esecuzioni ed evasioni, attraverso atmosfere cupe e sanguinarie che rievocano gli aspetti più grotteschi dell’Alto Medioevo. Una storia avvincente, tanto insolita quanto indimenticabile, in cui convivono suspense e orrore, tenerezza e ilarità.
Un romanzo innovativo che trascende i canoni del genere fantasy.

Colonna sonora a base di Fleur, Fire+Ice, Ozric Tentacles, Pentangle, Incredible String Band, Dead Can Dance, Daemonia Nymphe

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Pirateria tra romanzo e storia: intervista a Valerio Evangelisti http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/01/11/pirateria-tra-romanzo-e-storia-intervista-a-valerio-evangelisti/ Mon, 11 Jan 2010 10:30:33 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=672 More about Veracruz More about Tortuga More about Storia della pirateriaPuntata del 9 gennaio 2010

Ascolta la prima parte dell’intervista a Valerio Evangelisti

Ascolta la seconda parte dell’intervista a Valerio Evangelisti

A cura di Giulia Gadaleta e Mariana Califano

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ALTAI intervista a Wu Ming http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/01/09/altai-intervista-a-wu-ming/ Sat, 09 Jan 2010 17:09:02 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=666 More about AltaiVenezia, anno Domini 1569. Un boato scuote la notte, il cielo è rosso e grava sulla laguna: è l’Arsenale che va a fuoco, si apre la caccia al colpevole. Un agente della Serenissima fugge verso oriente, smarrito, “l’anima rigirata come un paio di brache”. Costantinopoli sarà l’approdo. Sulla vetta della potenza ottomana conoscerà Giuseppe Nasi, nemico e spauracchio d’Europa, ponte giudeo che dal Bosforo lancia una sfida al mondo e a due millenni di oppressione.
Intanto, ai confini dell’impero, un altro uomo si mette in viaggio, per l’ultimo appuntamento con la Storia. Porta al collo una moneta, ricordo del Regno dei Folli.
Echi di rivolte, intrighi, scontri di civiltà. Nuove macchine scatenano forze inattese, incalzano il tempo e lo fanno sbandare. Nicosia, Farmagosta, Lepanto: uomini e navi corrono verso lo scontro finale.
Wu Ming, collettivo di scrittori che al suo esordio si firmò “Luther Blisset”, torna nel mondo del suo primo romanzo.

Ascolta l’intervista a Wu Ming 4 del 12 dicembre 2009

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UNITED WE STAND – intervista a Simone Sarasso http://www.mompracemradio.it/mompracem/2009/10/21/united-we-stand-intervista-a-simone-sarasso/ Wed, 21 Oct 2009 09:56:56 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=542 More about United We StandPuntata di sabato 17 ottbre 2009

United We Stand è una storia di ribellione, vendetta e onore. È una storia di nostalgia, ricordi, affetti perduti e ritrovati. Un thriller fantapolitico che racconta del peggior conflitto bellico che l’Italia abbia mai dovuto affrontare dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. In un futuro prossimo e in un crescente clima di tensione internazionale, forze militari segrete che da sempre tramano all’ombra del tricolore prendono il potere con un violento colpo di Stato ai danni delle sinistre. Il golpe ha luogo nell’aprile 2013, un minuto dopo l’elezione del primo Presidente del Consiglio donna della storia repubblicana. All’interno degli opposti schieramenti, i protagonisti affrontano i sentimenti del passato e le necessità di un presente caotico, mentre sullo sfondo il mondo intero osserva impotente l’evolversi di un conflitto di proporzioni pantagrueliche: la guerra termonucleare fra Stati Uniti d’America e Repubblica Popolare Cinese.

United We Stand è un romanzo illustrato: una graphic novel, appunto. Ma non vive di sola carta e inchiostro: quella particella tra graphic e novel – quel net che ha un preciso richiamo al mondo del web – dice parecchio sulla natura di questo fumetto. La narrazione non si ferma nei confini del volume, ma prosegue tra le pagine di www.unitedwestand.it.
a cura di Jadel, Andrea, Daniele e Giulia
Ascolta l’intervista a Ascolta l’intervista a Simone Sarasso

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I NOIR NORVEGESI DI JOE NESBO http://www.mompracemradio.it/mompracem/2009/03/07/i-noir-norvegesi-di-joe-nesbo/ Sat, 07 Mar 2009 11:41:29 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=482 More about Il pettirossoIn poco meno di dieci anni Jo Nesbø, da vocalist ed autore dei testi della band norvegese Di Derre, si è affermato come uno dei migliori autori di polizieschi scandinavi: “ ho scoperto che nella coscienza popolare non sono più un musicista che scrive libri ma uno scrittore che canta e suona in una band”. Nei primi due romanzi inediti in Italia –Flaggermusmannen (The batman il titolo inglese) e Kakeriakkene (The cockroaches il titolo inglese)- ambientati l’uno a Sidney e l’altro a Bangkok, il trentaduenne investigatore Harry Hole nasce già con le caratteristiche dell’antieroe: la sua personalità oscilla pericolosamente tra autodistruzione e vittimismo, tra interesse totalizzante per il lavoro e abbandono incosciente, tra uso di mezzi d’indagine leciti e illeciti, tra disciplina e anarchia.
In ogni romanzo il lettore e l’investigatore si contendono la verità, ciascuno ne sa un pezzo che l’altro ignora, l’autore dissemina i romanzi di false piste, le co-protagoniste femminili hanno spesso un acume che Harry Hole non possiede. Nella trilogia di Oslo, tutta edita da Piemme in Italia, il presente è sempre sorvegliato da un passato con cui non si sono fatti i conti, Il Pettirosso si interroga su quale memoria del nazismo la Norvegia abbia costruito, in Nemesi due coppie di fratelli si contendono la stessa donna ed il mondo gitano appare un altro mondo di valori e significati, in Stella del diavolo l’amore diventa il teatro di gesti estremi.

Puntata del 7 marzo 2009
a cura di Giulia Gadaleta

L’intervista integrale è uscita sul numero 76 di Pulp Libri

Ascolta l’intervista a Joe Nesbo

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INTERVISTA AI KAI ZEN http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/06/09/intervista-ai-kai-zen/ Mon, 09 Jun 2008 09:59:15 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/06/09/intervista-ai-kai-zen/ La Strategia dell’Ariete è una spy story, un intrigo trans-nazionale, un indagine su forze occulte che impregnano le azioni umane, dal regno di Cheope all’America post-roosveltiana passando dalla Shangai degli anni ’20 al Paraguay durante la seconda guerra mondiale. Ogni location, ogni nuovo personaggio è una sorpresa, una sfida di adattamento per il lettore. Gli autori dell’Ensamble Narrativo Kai Zen scommettono sulla pluralità di punti di vista, l’intreccio narrativo sembra un gioco collettivo senza regia apparente, fughe temporali e spaziali lasciano il lettore con un pugno di mosche. Qual è l’idea che sorregge La strategia dell’Ariete? Il conflitto tra ordine e caos? La lotta tra bene e male? Ne abbiamo parlato in occasione della selezione de La strategia dell’ariete nella terzina finalista del Premio di letteratura avventurosa Emilio Salgari . 

Come è nato La strategia dell’Ariete? Quali suggestioni l’hanno messo in moto? Da quale idea siete partiti?

La SDA è nato quasi per gioco da un “guazzabuglio” di fascinazioni del momento. Le ambientazioni, i personaggi, le epoche storiche sono frutto della pura e semplice voglia di raccontare e di osare. La storia è venuta da sé. Cercavamo un filo d’Arianna che mettesse assieme l’impossibile, come accade più o meno in ogni libro.


Ci sono quattro ambientazioni fondamentali: l’Antico Egitto durante il regno di Cheope, la Cina degli anni ’20, il Sudamerica degli anni ’40 e gli Usa degli anni ’50. Il respiro di Seth è il filo che tiene insieme la trama narrativa. Come ci avete lavorato? Avete montato i pezzi a posteriori o strada facendo?
Abbiamo lavorato alla trama, in prima battuta abbiamo delineato gli eventi principali e i nodi di raccordo. Ognuno di noi ne ha preso un pezzo e lo ha portato avanti, intessendo con una certa libertà alcune sottotrame. Ogni capitolo veniva editato a turno da ognuno di noi. Una volta stese le parti principali le abbiamo scambiate e anche in questo caso ognuno di noi ha riscritto ed editato ogni singola parte, tenendo ben presente gli indizi e i dettagli disseminati in precedenza… Alla fine abbiamo scritto qualche capitolo di raccordo, tagliato e aggiunto. Insomma a turno abbiamo fatto da registi e da troupe. Avevamo in mente un primo montaggio che a mente fredda si è rivelato eccessivamente caotico e concitato. Abbiamo provato diverse combinazioni fino ad arrivare a quella definitiva che ci è sembrata la più soddifacente e soprattutto la più fruibile dal lettore.

Torniamo alle ambientazioni: perché il Regno di Cheope? Perché i nazisti rifugiati in Paraguay e ammanicati con le multinazionali americane (e perché la guerra del Chaco)? Perché la Shangai degli anni ’20 e la contiguità tra maoisti e mafia cinese? E infine perché l’America maccartista?

Un po’ per caso, un po’ per il fascino di luoghi e tempi; e un po’  perché nel dipanarsi della storia ci siamo accorti che in qualche modo  tutte le epoche che abbiamo preso in considerazione sono epoche di decadenza, di confine, di passaggio. La contiguità, la promiscuità della società e dello spirito di quelle epoche fatte di crolli si sono rivelate essenziali per esplorare i personaggi che abbiamo messo in scena. Anime in frantumi. Inoltre, andando avanti con le ricerche per raccogliere la documentazione preliminare alla scrittura, ci siamo resi conto di alcune notevoli occasioni narrative che non ci erano note. Il tuo esempio relativo alla contiguità tra maoisti e mafia cinese, per esempio. In realtà la cosa è più complessa, non si trattava di mafia, ma di società segrete, società di mutuo soccorso poi tramutatesi in gang criminali, e uno degli intenti dello stesso Mao Tse Tung era quello di avvalersene per portare a compimento il suo progetto rivoluzionario. Vero è anche l’episodio descritto nel libro, quando il Kuomintang nel 1927 usa proprio una di queste società, quella del Cerchio Verde, per fare piazza pulita dei comunisti nel giro di una notte. La guerra del Chaco invece l’abbiamo (ri)scoperta mentre facevamo ricerche per la parte sudamericana. È una guerra del tutto, o quasi, sconosciuta ma in realtà è il primo conflitto inteso in senso contemporaneo in cui implicazioni economiche estranee ai reali interessi dei paesi coinvolti sono il vero motore della macchina bellica. In fondo al libro abbiamo dato spazio all’approfondimento di questa e di altre questioni e sul sito l’intera guerra viene raccontata da uno dei personaggi della SDA, Arthur Fillmore, che vi ha preso parte in gioventù… Kai Zen lavora ad otto mani: come avete fatto ad omogenizzare gli stili, a smussare certi personalismi stilistici? Cosa si guadagna e cosa si perde a scrivere in collettivo? Come si fa a contenere il narcisismo che domina inevitabilmente ogni scrittore?

La risposta è: il tempo. Il tempo speso a lavorare sul romanzo (più di tre anni), la pazienza da artigiano nel rileggere, riscrivere, modificare, adattare. Questo aspetto è quello che forse ci ha più sorpresi dopo i primi anni di lavoro insieme: l’importanza dell’editing, della riscrittura e’ uno dei perni della narrazione a più mani, il fatto che si debba trovare l’amalgama giusta, il ‘quinto stile’, quello di Kai Zen. Nella pratica, crediamo di essere innanzitutto amici, quasi una famiglia, e questo costituisce la base di fiducia reciproca e accettazione delle opinioni differenti. E poi negli anni abbiamo imparato a conoscerci, sappiamo chi sa fare meglio una cosa e chi un’altra, e in automatico facciamo sì che i differenti apporti convergano nel risultato finale. Nulla di semplice e scontato, anzi. Siamo pieni di problemi, così come qualsiasi entità vivente di questo pianeta.
 

Nel romanzo ci sono personaggi indubbiamente positivi come il cinese Shanfehg e la creola Felipa, che però servono la “causa del male”. Questo è un tratto distintivo del libro, districare il bene dal male non è possibile, il caos prevale e al suo interno l’unica certezza è la strategia di Al-Hàrith, una strategia auto- referenziale. È un’idea politica la vostra o è solo narrativa?

È una questione di Weltanschaung, non di politica, la politica come diceva Camus è un affare da massaie, serve a tenere in ordine la cucina. La narrativa ha la capacità di sfuggire a idealismi e moralismi al di là dell’ismo a cui è votato il narratore stesso. La vita è quello che è, dal canto nostro non abbiamo nessuna intenzione di raccontare, e tanto meno spiegare, come dovrebbe essere. Semplicemente inventiamo storie in cui proviamo a indagare la condizione umana e cerchiamo di renderla vivace, immaginifica, esagerata dal punto di vista narrativo senza giudicarla con empatia o disprezzo. E poi è molto più divertente mischiare le cose, il Bene e il Male e spiazzare chi legge.

In questo senso che cos’è, cosa rappresenta il demone di Al- Hàrith? Il tentativo di dominio dell’uomo sull’uomo? Credete che sia un filo dell’agire umano?

Al-Hàrith è il male necessario, senza il quale non esisterebbe il bene. È il rovescio della medaglia. Nel libro assume caratteristiche mitologiche, viene inseguito da vari personaggi ma mai intrappolato o controllato del tutto. Ovviamente non crediamo al bene e al male assoluti e così, nello svolgersi del racconto, la strada per il paradiso si rivela spesso lastricata di cattive intenzioni e quella per l’inferno di buone. Volendo, anche in questo caso, AH potrebbe essere letto come metafora dell’agire umano, c’è da dire però che oltre bene e male ogni personaggio deve fare i conti con qualcosa di molto più rispettabile e temibile: il caso.
 

La strategia dell’Ariete sembra un romanzo d’intrighi, ma proprio perché alla fine Al Hàrith è una cosa sfuggente e incomprensibile, sembra una parodia del complottismo? Sbaglio?È sfuggente e incomprensibile come il male necessario. È un’allegoria generica, adattabile a diversi concetti (qualcuno ha scorto in esso i tratti del capitalismo: chi incontra il demone muore, chi non muore diventa schiavo, chi non diventa schiavo diffonderà il demone…) Allo stesso tempo AH è un divertissment, una parodia di certa letteratura. Il complotto, il terribile segreto, i manovratori occulti, la CIA, il nazismo esoterico, il controllo della mente… Abbiamo giocato con alcuni stereotipi e ci siamo divertiti. AH in fondo però non è l’elemento centrale del libro anche se ci è piaciuto farlo credere. Anzi all’inizio il libro doveva intitolarsi proprio Al-Hàrith.
 

Mi pare che la vostra priorità sia stata giocare con il genere del thriller, smascherandolo. Deviare l’attenzione del lettore su particolari irrilevanti, confondere le acque per arrivare a chiedersi se alla fine Al-Hàrith esista davvero. La letteratura è un gioco?

La letteratura è di sicuro il gioco più divertente inventato dall’uomo e non occorre scomodare Borges per affermarlo. Il nostro approccio a essa è senza dubbio ludico, a cominciare dal metodo che utilizziamo per scrivere, una specie di sciarada (in cui è consentito barare). Per noi raccontare una storia significa anche suscitare emozioni o tensione e ci piace l’azione. Da qui la passione per il thriller, la volontà di disseminare tranelli, misteri, dettagli e di giocare con chi legge. Allo stesso tempo proviamo un gusto perverso nel rimescolare le carte in seno ai generi. Thriller, sì certo, ma anche spy story, fantascienza, noir, romanzo storico, un pizzico di rosa e soprattutto avventura. Oltreoceano e oltremanica lo definiribbero new weird. Abbiamo anche una certa pericolosa inclinzione per il Feuilleton, nella spinta letteraria dal basso, nella voglia di raccontare, e per il fumetto, nell’approccio cinematografico. Si tratta di un’attitudine lontana dagli stereotipi dello scrittore ‘penna ispirata da Dio’.
 

Che ruolo ha avuto il cinema (e quale cinema?), i fumetti, nello scrivere la Strategia dell’Ariete? L’architettura del romanzo mi fa pensare anche ai giochi di ruolo, oltre che ai meccanismi interattivi facilitati da internet. Quanto ha contato ciascuna di queste cose?

Il cinema ha inevitabilmente condizionato l’intero modo di scrivere degli ultimi decenni. Descrivere una scena come se la si filmasse è parte del dna della narrativa contemporanea, accusata di essere spuria. In realtà incorporare la scrittura tipica di cinema e fumetto nella letteratura, se fatto con coscienza dei mezzi, può essere un arricchimento. Il segreto, pensiamo, sta nella giusta via di mezzo. Forse in certe parti del romanzo abbiamo esagerato con la narrazione filmica ma crediamo di aver fatto un buon lavoro di amalgama. Ma se da un lato le influenze esercitate su di noi dalla pellicola, hanno aumentato i giri del motore, dall’altro quelle derivate dai fumetti hanno rallentato il ritmo. Abbiamo cercato un’armonia narrativa che potesse collocarsi tra Kill Bill e Corto Maltese. Il ruolo più grande però, alla fine, lo ha giocato la letteratura. I libri che abbiamo letto prima e durante la stesura della SDA.Siete arrivati in finale al premio di letteratura avventurosa Emilio Salgari. Che rapporto c’è tra la vostra scrittura e l’autore de Le tigri di Mompracem? I personaggi di Salgari come il Corsaro Nero e Sandokan sopravvivono al tempo e fanno parte stabilmente del nostro immaginario: si può ancora scrivere letteratura d’avventura e in che senso? Oppure quello che facciamo oggi è ri-scrivere? Ha un rapporto con lo scrivere in gruppo e con il pubblicare in copyleft?

L’avventura è un genere che permette di travalicare i generi. Può portare al suo interno i semi di tutti gli altri. Può essere un po’ gialla e un po’ noir (Shelley), può avere delle connotazioni fantastiche e fantascientifiche e addirittura un pizzico di realismo magico (Felipa) e soprattutto consente allo scrittore di manipolare una quantità esagerata di materia narrativa allo stato puro. Salgari scriveva usando come carta geografica l’immaginazione, noi abbiamo fatto più o meno lo stesso. Degli scenari che abbiamo descritto ne abbiamo visitati solo alcuni, altri sono frutto di un lavoro che ha coinvolto ricerca e fantasia. Il Corsaro Nero e Sandokan sono archetipi rivisitati, come ogni personaggio avventuroso che si rispetti. Noi non abbiamo fatto altro che rendere attuali questi archetipi, li abbiamo fatti passare (in)consciamente sotto le forche caudine della modernità: Nietzsche, Freud e Marx. Dietrich Hofstadter non è altro che il Corsaro Nero alle prese con la sua volontà di potenza, con il suo subconscio e con il materialismo storico… Quello che facciamo oggi, come ieri, è riscrivere. Non si inventa nulla di nuovo, se non il modo di raccontarlo. È una questione di endocetti e di archetipi. Non riguarda naturalmente solo la scrittura collettiva, ma anche l’autore singolo. Il copyleft poi è semplicemente una presa di coscienza nuda e cruda di questo semplice assunto. La letteratura, come la matematica, come la musica e come tutto lo scibile umano non inventa gli elementi ma crea nuovi modi di combinare quelli già esistenti. La creazione di un nuovo mito non sarebbe altro allora che la nobile arte di scombinare e ricombinare le cose. 

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INTERVISTA A FOLCO QUILICI http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/05/21/intervista-a-folco-quilici/ Wed, 21 May 2008 14:57:40 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/05/21/intervista-a-folco-quilici/ Ancora su I miei mari di Folco Quilici

a cura di Giulia Gadaleta 

I miei mari è un romanzo-non romanzo, una testimonianza della sua lunga esperienza di viaggiatore, di sub, di scrittore e di regista. Da che esigenze è nato?
La ringrazio di questa definizione, pare anche a me,  però è anche un romanzo vero, nato dal desiderio di riunione
in un unico racconto l’esperienza di un uomo, che è per sua natura una storia sola, svoltasi in un arco di tempo molto lungo, di più di cinquanta anni. Riunisce molti episodi di cui avevo già parlato che erano sparsi come racconti isolati, avevo tentato di metterli insieme in un unico lungo racconto e la particolarità del libro è che vi sia allegato un dvd che si specchia nel libro e viceversa, sono opere dello stesso autore e raccontano le stesse vicende, con un approfondimento letterario nel caso del libro e in modo spettacolare e basato sulla verità delle immagini nel caso del dvd.
I miei mari sembra rivelare che lei ha sempre preso minuziosamente appunti durante la sua esperienza di documentarista, sub e regista. E’ così?
Io ho via via scritto per le riviste, per i giornali, ho scritto sempre delle cose che si intrecciavano nella mia vita, ma la cosa curiosa è stata che dalla memoria sono scaturiti tanti episodi, tante avventure vere e proprie che non avevo mai narrato, tante vicende, tanti personaggi e tanti momenti che non avevo mai narrato.
Si può dire allora che I miei mari le ha permesso di trasformare in materia narrativa storie che non sono finite nei suoi documentari, né nei suoi romanzi né nei suoi saggi?
Sì, la struttura generale, i viaggi in Polinesia, l’Amazzonia, i relitti, l’archeologia subacquea sono tutti temi che avevo affrontato nel tempo, però nel riunirli insieme mi sono reso conto che tra l’uno e l’altro c’erano degli episodi che li saldavano l’uno con l’altro e così è venuta fuori non una raccolta di tante avventure ma un’unica grande avventura.
Lei ha sempre affiancato al lavoro di viaggiatore, di regista e di sub quello di scrittore: che ruolo ha la scrittura nella sua vita?
Beh, se usassi il cronometro potrei dire che è molto di più il tempo e l’impegno nello scrivere che non nel filmare: intanto per preparare i servizi che lei ricordava ma anche perché per filmare occorre scrivere tanto, preparare un soggetto sviluppare una sceneggiatura, quando il film è finito scrivere i testi, scrivere i dialoghi, il commento: se dovessi fare un conto su cento ore settanta vanno per scrivere e trenta per fotografare e filmare.
Lei cita spesso Stevenson e Verne, che rapporto ha con la letteratura d’avventura e con Salgari in particolare?
Salgari è stato la bibbia della mia giovinezza da quando sono stato ragazzino anche perché mio padre -che era direttore di giornale a Ferrara- ebbe ospite e mi presentò il figlio di Salgari. Poi lo spunto dei libri mi dava la voglia di sapere di più sugli argomenti che Salgari trattava nel suo romanzo: la storia della pirateria nei Caraibi e tutte le vicende di navigazione anche legate alla ricerca dei relitti dei galeoni, legandosi al mio lavoro successivo sott’acqua. Ancora più stimolante della epopea dei corsari è tutto il ciclo di Sandokan e della Malesia dell’India con Tremal Naik per cui diverse volte sono tornato sull’argomento anche lavorando, per esempio in una delle puntate che feci sull’India (erano dieci film) uno di questi era dedicato alle foci del Gange ed era legato alle pagine che avevo letto che portai con me mentre filmavo e che commentai sul come fossero tutte avventurose ed esatte le descrizioni. Invece fu una grande delusione la mia ricerca un po’ infantile dell’isola di Mompracem, già iniziata da ragazzino sugli atlanti che mio padre aveva in studio. Ma quando sono stato navigando nei mari intorno al Borneo, Giava, Sumatra, l’area dei racconti di Mompracem, beh Mompracem non l’ho mai trovata…
Salgari ha descritto i luoghi del Borneo e dei Caraibi con inevitabile esotismo: come ha potuto stimolare un viaggiatore come lei?
Hanno stimolato tutti i miei primi viaggi perché c’erano degli spunti, il rapporto ad esempio tra l’uomo e il mare. Il coraggio dell’uomo in mare, che è un elemento comune di tutte le storie che Salgari racconta: il mare è protagonista tanto quanto Sandokan o il corsaro nero. La molla di partenza dopo aver letto Salgari è stato proprio il voler vedere, rivivere, trovare un parallelo tra quello che avevo letto e quello che vedevo: devo dire con grandissima sorpresa -dato che Salgari là non era mai stato- che ho scoperto che le suggestioni che avevo letto da ragazzo le ritrovai vive navigando in quei luoghi… le correnti, i venti sono quello che sappiamo, però fondamentale per conoscere un mare è conoscere la gente che si muove in quel mare. E Salgari, che indubbiamente non era un marinaio e non era un capitano di lungo corso come sono stati altri romanzieri di fine ottocento, ha saputo raccontare quella che era la forza d’animo, la conoscenza e il coraggio degli uomini di mare.
In I miei mari è centrale il rapporto dell’uomo con il mare. Dalla sua posizione di osservatore privilegiato, cosa è cambiato in positivo e in  negativo del rapporto tra uomo e mare?
In negativo e in maniera irrimediabile è cambiato l’uomo di mare, ci sono adesso marinai che lavorano in una grande porta-container o una grande petroliera per settimane e mesi e il mare mai lo vedono: c’è questo distacco che nella storia della tradizione del rapporto uomo-mare è un danno enorme sul quale non si può più fare nulla, i sistemi di pesca non sono più quelli… nello spazio brevissimo proprio di questi cinquanta anni che io ho vissuto, ho visto svanire, nel Mediterraneo così come nei mari d’oriente e sulle coste americane, tutto il patrimonio di conoscenze della pesca e della navigazione: prima tutto era ancora ad un livello molto umano, si era nelle mani di un timoniere, nell’occhio di un navigante, oggi è tutto sostituito dalla macchina, sotto certi punti di vista significa maggiore sicurezza maggiore tranquillità, però si sono cancellate di colpo duemila anni di esperienze… un Salgari non potrebbe rinascere per raccontare qualcosa di simile…
Di positivo in questi ultimi anni in tanti mari del mondo e particolarmente nel Mediterraneo c’è la sensibilità dell’uomo nei confronti del degrado del mare: il degrado c’è ancora, è molto grave e continua ancora però a differenza di cinquant’anni fa che si accettava quello che accadeva, adesso c’è una reazione molto forte in tutto il mondo contro la contaminazione da materie velenose.
Come è cambiato il nostro rapporto con il mare, secondo lei?                                                                                                                               Il mare è questo gigante immenso e sconosciuto per l’uomo fino a centocinquanta anni fa, con il quale si azzardavano dei tentativi di amicizia ma quasi sempre si trattava di  reciproco scambio di violenza. Mentre oggi penso, proprio grazie alle immagini dei film della televisione, che le generazioni crescono con una grande ammirazione per il mare e quindi c’è da augurarsi che tutto quello che è stato l’offesa al mare, le ferite al mare, degli ultimi anni, saranno riparati nei prossimi decenni dalle generazioni che vengono dopo di noi.
Ne I miei mari  lei riprende vicende che le hanno ispirato anche romanzi, ad esempio Yemanja, la dea-sirena del Brasile: che cosa scatta in lei, in che modo una vicenda documentata diventa motivo di un romanzo?
È sempre difficile dire perché nasce un amore e si sposa una donna, nasce un felling e poi si rafforza… uno viaggiando e lavorando di storie ne sente molte, forse quella che mi ha più colpito è stata quella di Tanai cioè questo ragazzo che perdeva la strada per tornare alla sua isola nell’oceano pacifico: una storia che ho sentito per più di un anno mentre ero in Polinesia negli anni cinquanta e da cui negli anni settanta sono riuscito a fare il film Oceano. La storia di Cacciatori di navi nasce dalla sorpresa etnologica ed etnografica davanti ai riti alle credenze e alle feste in onore di Yemanja che avevo conosciuto facendo un lavoro in Sudamerica e venendo a conoscenza della storia di questa goletta che aveva vissuto questa avventura, storia sulla quale c’era chi credeva nelle magie positive e negative di Yemanja e vedeva in lei la protagonista, così l’ho raccolta e l’ho adattata ad un romanzo, riuscendo secondo me a raccontarla molto meglio nel romanzo che con il film, le storie magiche sono difficili da trasmettere nella volgarità dell’immagine, mentre con la parola si riesce, mi sembra, meglio a far capire come una realtà magica si possa fondere con la realtà fisica.
C’è un passo in cui lei racconta di un’altra storia al confine tra realtà e leggenda: di una parete rocciosa a Lampione che avrebbe ospitato equipaggi nemici cristiani e arabi per proteggersi dalla tempesta e in cui ciascuno di loro vede incisa nella roccia un’immagine religiosa. E conclude dicendo che quel che conta “è che, favola o cronaca, la si continui a narrare e ci si creda”.
In questo mondo sembra che tutto si riduca a un conto di dollari o quanti siano i fucili o le bombe… due mondi che sono da mille anni ostili (a parte delle parentesi) e che adesso si affrontano -più che ideologicamente- per problemi della pesca: poche settimane fa è stato liberato un peschereccio che era stato sequestrato dai libici e tenuto sotto sequestro per quasi un anno e questo è successo a tante marinerie europee che vanno a pescare nelle acque territoriali del mondo arabo affacciato sul Mediterraneo… che insomma ci sia un punto dove la favola e la credenza dei pescatori da una parte e dall’altra ritenga di vedere delle immagini sacre accostate che sono un segno di pace anziché un segno di guerra mi sembra una bella storia da raccontare.
      
  
    

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SPECIALE PREMIO EMILIO SALGARI: FOLCO QUILICI http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/30/speciale-premio-emilio-salgari-folco-quilici/ Wed, 30 Apr 2008 14:48:18 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/30/speciale-premio-emilio-salgari-folco-quilici/ Puntata del 10 maggio 2008

I miei mari di Folco Quilici è un romanzo non romanzo, un libro di memorie che ripercorre cinquant’anni di esperienze da documentarista, sub, regista e scrittore. Un libro sul rapporto tra uomo e mare, sui cambiamenti anche drammatici che ha subito e gli equilibri ecologici alterati: coniugando avventura e rispetto del limite, letteratura e interesse etnografico.

Ascolta l’intervista a Folco Quilici.mp3

a cura di Giulia Gadaleta

Sul Premio Emilio Salgari puoi riascoltare Claudio Gallo e Luca Crovi e Jadel Andreetto dei Kai Zen e Wu Ming 4

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SPECIALE PREMIO EMILIO SALGARI- I WU MING http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/30/speciale-premio-emilio-salgari-i-wu-ming/ Wed, 30 Apr 2008 14:31:55 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/30/speciale-premio-emilio-salgari-i-wu-ming/ Puntata del 3 maggio 2008

Gli scrittori bolognesi amano spesso scrivere d’avventura: non a caso nella prima edizione era nella terzina finalista del Premio di letteratura avventurosa Emilio Salgari Valerio Evangelisti. E dopo aver sentito Jadel Andreetto dei Kai Zen, collettivo di scrittori per metà bolognese ecco qua una chiacchierata con Wu Ming 4 su Manituana.
Un romanzo epico sull’alba della rivoluzione che genererà gli Stati Uniti d’America. Un western settecentesco. E una domanda: si può ancora scrivere letteratura d’avventura?
L’intervista a Wu Ming 4 è divisa in tre parti: prima, seconda,  terza

puoi riascoltare anche
Claudio Gallo e Luca Crovi e Kai Zen

A cura di Giulia Gadaleta

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CONTROINSURREZIONI http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/28/controinsurrezioni/ Mon, 28 Apr 2008 21:09:23 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/28/controinsurrezioni/ Un duo inedito per un tema scottante: Antonio Moresco e Valerio Evangelisti pubblicano per gli Oscar Mondadori “Controinsurrezioni”, due racconti lunghi per narrare il nostro Risorgimento. Periodo storico troppo a lungo affrontato in maniera monumentale, viene qui raccontato da due sapienti narratori, che riescono a metterne in luce in maniera antiretorica ed efficace anche gli aspetti più scabrosi e contraddittori. Un modo avvincente e illuminante per cercare di comprendere meglio il nostro presente,  che da quelle vicende è stato in qualche modo generato.

Puntata del 26 aprile 2008

Ascolta l’intervista a Antonio Moresco e Valerio Evangelisti

A cura di Azzurra d’Agostino

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SPECIALE PREMIO SALGARI: I KAI ZEN http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/26/speciale-premio-salgari-i-kai-zen-nella-terzina-finalista/ Sat, 26 Apr 2008 14:22:53 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/2008/04/26/speciale-premio-salgari-i-kai-zen-nella-terzina-finalista/ Puntata del 26 aprile 2008
Dopo le chiacchiere della scorsa puntata con Claudio Gallo e Luca Crovi rieccoci a parlare di avventura. I Kai Zen sono nella terzina finalista del Premio di letteratura avventurosa Emilio Salgari

Abbiamo riparlato con Jadel Andreetto di La strategia dell’ariete, di letteratura come gioco, di Salgari e di molto altro

L’intervista è divisa in tre parti prima, seconda, terza

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