diritti umani – MOMPRACEM http://www.mompracemradio.it/mompracem Settimanale avventuroso di letteratura Fri, 04 Nov 2011 13:52:08 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.7.1 Nel mare ci sono i coccodrilli: intervista incrociata a Fabio Geda e Enaiatollah Akbari http://www.mompracemradio.it/mompracem/2011/03/16/nel-mare-ci-sono-i-coccodrilli-intervista-incrociata-a-fabio-geda-e-enaiatollah-akbari/ Wed, 16 Mar 2011 21:34:20 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=1208 More about Nel mare ci sono i coccodrilli
In cose di questo mondo il regista inglese Michael Winterbottom raccontava la storia vera di due ragazzini afghani che intraprendono il viaggio dal campo profughi di Peshawar a Londra, passando dall’Iran, la Turchia, la Grecia e l’Italia. Ricordo che ne rimanemmo impressionati. Il miscuglio di realtà e finzione è lo stesso che sta alla base di Nel mare ci sono i coccodrilli (Baldini Castoldi Dalai), scritto da Fabio Geda e raccontato da Enaihatollah Akbari, romanzo memoir che ripercorre il viaggio  del giovane afghano di etnia hazari dal villaggio afgano i cui è nato a Torino.
Li abbiamo intervistati e abbiamo incrociato le loro voci con le musiche dei paesi che Enaiat ha attraversato, in un viaggio durato cinque anni durante i quali enaiat è diventato adulto e ha dovuto badare a se stesso come nessuno adolescente fa dalle nostre parti.
Un viaggio la cui meta era la sopravvivenza. E la cui conclusione è stata una nuova vita e una nuova casa per Enaiat.

Puntata del 19 marzo 2011 a cura di Giulia Gadaleta

Ascolta le interviste a Geda e Akbari

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CONTROVENTO: un romanzo di Angeles Caso http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/10/30/controvento-un-romanzo-di-angeles-caso/ Sat, 30 Oct 2010 14:05:38 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=1039 Controvento ripercorre la vita di una donna di Capo Verde, Sao, dall’infanzia nell’isola alla maturità da immigrata in Portogallo e in Spagna. Racconta i sogni di riscatto attraverso lo studio e l’istruzione della giovane Sao, il confronto con la dura realtà, l’emigrazione, l’amore, la nascita di un figlio. Quello che conta in questo romanzo non è solo la storia di Sao, la sua forza d’animo e la sua determinazione, ma la prospettiva da cui questa storia viene raccontata: la voce narrante è quella di una donna spagnola che riceve la storia di Sao e la riporta a noi che leggiamo e attraverso di essa ritrova le ragioni della solidarietà tra donne e l’occasione di ripensare a sè ed alla propria storia.

Abbiamo incontrato Angeles Caso al Festivaletteratura di Mantova.

Ascolta L’intervista a Angeles Caso

More about Controvento

Puntata del 30  ottobre 2010

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MULTATULI: intervista a Luca Scarlini http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/04/25/multatuli-intervista-a-luca-scarlini/ Sun, 25 Apr 2010 09:42:33 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=901 More about Max HavelaarPuntata di sabato 1 maggio 2010

Max Havelaar è un romanzo che vi sorprenderà per la aperta franchezza con cui condanna il colonialismo: eppure è un romanzo di cui si celebrano i centocinquant’anni. Primo romanzo apertamente critico nei confronti del sistema di sfruttamento coloniale, come ci spiega Luca Scarlini, si contraddistingue anche per la forma insolitamente aperta e moderna. Due voci si alternano nel racconto svelando l’una l’ipocrisia dell’altra: quella dell’Uomo dello scialle, ossia Max Havelaar, funzionario coloniale caduto in disgrazia  per un eccesso di onestà e senso di giustizia verso il popolo giavanese, e quella del sensale di caffè Droogstoppel, bigotto e utilitarista, che vorrebbe fare commercio del romanzo, criticandone  però apertamente lo spirito.

A cura di Giulia Gadaleta

Ascolta l’intervista a Luca Scarlini

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Speciale golpe del ’76 in Argentina: intervista a Enrico Calamai http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/03/28/niente-asilo-politico-diplomazia-diritti-umani-e-desaparecidos-intervista-a-enrico-calamai/ Sun, 28 Mar 2010 19:35:42 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=823 More about Niente asilo politico

Enrico Calamai, Niente asilo politico – Diplomazia, diritti umani e desaparecidos (Feltrinelli, 2006, 212 p., € 8,50)

Enrico Calamai è nato a Roma il 24 giugno 1945. Inizia la sua carriera diplomatica nel 1972 presso il Consolato Generale d’Italia a Buenos Aires con funzioni di Vice Console e dopo due anni viene inviato in Cile nel primo anniversario del Golpe di Pinochet. È un’esperienza di soli due mesi, ma che gli permette di rendersi conto delle atrocità che accompagnano un golpe militare. A partire dal 24 marzo 1976, data del golpe in Argentina, avvalendosi dell’esperienza maturata presso l’ambasciata a Santiago, cerca di utilizzare gli strumenti della diplomazia per aiutare i perseguitati politici che si presentano in Consolato. Rientrato in Italia nel 1977 viene poi inviato in missione in Nepal e in Afghanistan. Dal 1997 si occupa di diritti umani e pubblica due libri: “Faremo l’America”, scritto mentre era a Buenos Aires  e “Niente Asilo Politico”, in cui ripercorre le vicende degli anni trascorsi in Argentina.

Colonna sonora della puntata: Càceres, Pedro Y Pablo, Bersuit Vergarabat, Los Fabulosos Cadillacs.

Enrico Calamai, Niente asilo politico – Diplomazia, diritti umani e desaparecidos (Feltrinelli, 2006, 212 p., € 8,50)

ASCOLTA L’INTERVISTA A ENRICO CALAMAI
More about Il militanteAlfredo Helman, Il militante, (Edizioni Clandestine, 2005, pp 180, € 13,00).

Costretto alla fuga dal suo paese natio, l’Argentina, in quanto militante comunista, Alfredo Helman raccoglie in questo scritto l’entusiasmante narrazione di una vita dedicata alla lotta politica.
Sulla sua strada l’incontro con numerose personalitr che hanno segnato la storia del ventesimo secolo: Fidel Castro, Mao tze Tung, Zhou Enlai, Nikita Krusciov, Salvator Allende ed Enrico Berlinguer.
E poi, Ernesto Che Guevara: il sogno condiviso di una revolucion Argentina sull’onda di quella cubana, i fervidi preparativi per compierla, l’addestramento alla guerriglia, la fine, sancita dalla morte dello stesso Che.
Presente nei documenti della C.I.A., a torto, come uno degli ideologi e iniziatori del F.A.R. (Fuerzas Armadas Revolucionarias), c anche mnzionato dal Che in Diario in Bolivia, quale rappresentante di uno dei tre gruppi designati, sotto il suo comando, per dare inizio alla rivolta.
Questa c la testimonianza di un uomo che si c battuto strenuamente per i propri ideali.

More about El Eternauta

L’eternauta

Una partita a carte tra quattro amici viene bruscamente interrotta: fuori della finestra sono cominciati a cadere fiocchi di letale neve fosforescente. È l’inizio di un incubo, il primo tragico preludio a un’invasione extraterrestre che porterà morte e distruzione a Buenos Aires e nel mondo intero. Testimone di questa drammatica vicenda piena di angoscia, ma anche di disperata volontà di sopravvivenza e di resistenza, è Juan Galvez, ovvero l’Eternauta. Questo classico del fumetto argentino, diventato poi un “cult” in tutto il mondo, è stato realizzato alla fine degli anni Cinquanta, e ha anticipato con crudeli capacità profetiche il dramma dei desaparecidos argentini, nella lista dei quali è anche il suo sceneggiatore, Héctor G. Oesterheld.

More about Il mio nome è Victoria

Victoria Donda, Il mio nome è Victoria (Corbaccio, 2010, pp.216, €17,50).

Nel 1977 i genitori di Victoria furono sequestrati dai militari argentini. Mentre il padre fu subito ucciso, si consentì alla madre, incinta di cinque mesi, di partorire prima di essere giustiziata. Victoria fu data in adozione a una famiglia vicina al regime, dove crebbe con il nome di Analia, ignara della sua storia. Fino a che l’associazione delle nonne di Plaza de Mayo non la individuò come la “nipote numero 78”. Così, a ventisette anni, nel 2005, la sua vita subisce una svolta sconvolgente. La sua identità è a pezzi e le tocca in sorte di “nascere” una seconda volta, figlia di altri genitori, orfana, consapevole del male che ha subito e che con lei hanno subito migliaia di giovani della sua generazione. Ma recuperato il nome che sua madre aveva scelto per lei, Victoria, saprà anche superare la crisi.

PS l’incursione inquitante a cui si riferisce Jadel al termine della trasmissione è un breve brano di un discorso di Berlusconi che si è misteriosamente intrufolato da chissà quale abisso dell’archivio della radio a fine pubblicità. In questa sede lo abbiamo tagliato per risparmiarvelo e risparmiarcelo.

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Madri migranti di figli italiani http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/02/05/madri-migranti-di-figli-italiani/ http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/02/05/madri-migranti-di-figli-italiani/#comments Fri, 05 Feb 2010 07:05:05 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=771 More about Sguardi di mammePuntata del 6 febbraio 2010

Una puntata dedicata alle donne in una delle fasi più delicate della loro vita: la maternità, raccontata da un punto di osservazione particolare, quello di chi vive questo momento in un paese straniero. Come cambia la cura dei figli? Come la relazione con la famiglia? Come si vive la medicalizzazione occidentale? Affrontiamo queste e altre domande con la psicologa Lia Chinosi, autrice di Sguardi di mamme, modalità di crescita dell’infanzia straniera (Franco Angeli) e la sociologa Paola Bonizzoni, autrice di Famiglie Globali (Utet)

A cura di Giulia Gadaleta e Azzurra D’Agostino

Ascolta le interviste

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Puntata dedicata alla memoria http://www.mompracemradio.it/mompracem/2010/01/21/puntata-dedicata-alla-memoria/ Thu, 21 Jan 2010 22:12:46 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/?p=754 Sabato 23 dalle 17:40 alle 18:30 sui 96.25 MhZ di Radio Città del Capo – Popolare Network (Bologna) e in streaming su RCDC.it, Mompracem dedica l’intera puntata al tema della memoria anticipando il 27 gennaio.

Ospiti: Daniel Vogelmann, fondatore della casa editirce specializzata in cultura ebraica La Giuntina; Paolo Ciampi, autore di “Una Famiglia” in uscita in questi giorni sempre per Giuntina.

Parleremo anche de “Il giorno che cambiò la mia vita”  di Cesare Moisè Finzi, pubblicato recentemente da Toppipittori

More about Una famiglia“Una famiglia” di Paolo Ciampi (La Giuntina, 171 pp. 15 €):

Come una pianta che dopo la gelata riesce di nuovo a germogliare, perché ci sono radici che né gli anni né le persecuzioni possono spezzare. È questa la storia dei Ventura, una famiglia della borghesia ebraica italiana chiamata ad affrontare durissime prove tra il 1938 e il 1945. Il destino pare già scritto quando le vicende separano Anna e Luigi consegnandoli a un tragico epilogo.
A doversela cavare nell’Italia in guerra rimangono solo i loro quattro figli, quattro ragazzini braccati e costretti a misurarsi con un mondo crudele in cui non è facile capire chi potrà aiutarti e chi invece ti tradirà. Farcela non sarà un’impresa di poco conto, suggellata da un cognome nuovo e da un paese nuovo, e poi da tanti figli, nipoti, bisnipoti che in Israele faranno del fragile arbusto dei Ventura un albero rigoglioso, in cui rivivranno anche Anna e Luigi. Una storia di violenza e dolore, ma anche di amore e speranza, che arriva fino ai nostri giorni.

More about Il giorno che cambiò la mia vita“Il giorno che cambiò la mia vita” di Cesare Moisè Finzi (Topipittori, 192 pp, 10 €)

Cesare è un bambino come tanti. Vive in una famiglia amorevole e agiata, ben inserita nella vita civile e ordinata di una bella città italiana, Ferrara. Va a scuola, gioca con gli amichetti ai giardini, si diverte con il fratellino più piccolo. Insomma, la sua vita scorre serena e tranquilla. Fino al giorno in cui, leggendo il giornale “dei grandi”, scopre che la comunità a cui appartiene, quella ebraica, è stata messa al bando dallo Stato in cui vive. Gradatamente, quelli che all’inizio sembrano solo ingiusti, benché minacciosi, provvedimenti discriminatori, si rivelano per ciò che sono: leggi terribili che obbligano Cesare, la sua famiglia, e tutti coloro che, come loro, sono ebrei, a vivere nell’ombra, in fuga costante, rinunciando a tutto: alla propria città, alla propria casa, al proprio nome, alla propria identità, pur di rimanere in vita ed evitare l’arresto, il carcere e la deportazione. Il racconto intenso e autentico di un passato ancora molto vicino che a nessuno deve essere permesso di dimenticare e negare. La storia di un bambino travolto dalla Storia, ma deciso a resistere all’ingiustizia, alla paura e alla violenza, e a lottare per la propria felicità.

]]> Kurdistan: il paese delle storie http://www.mompracemradio.it/mompracem/2007/12/11/kurdistan-il-paese-delle-storie/ Tue, 11 Dec 2007 19:55:39 +0000 http://www.mompracemradio.it/mompracem/2007/12/11/kurdistan-il-paese-delle-storie/

Sono partita il 1 dicembre da Bologna alla volta di Londra. Volo. Arrivo a Gatwick. Ritiro bagaglio e primo bancomat. Treno per London Bridge. Taxi (nero) per il cinema Rio. 13 pounds. Un buon prezzo, considerato quanto costa il taxi in Italia.

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Arrivo al cinema alle 21, sono in ritardo di un giorno, la quinta edizione londinese del Festival del cinema kurdo si è aperta il 30 novembre.

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La hall è piccola e affollatissima hall
Arranco con la mie due valigie, zeppe di vino italiano e di formaggi. G.M., l’amico curdo di cui sarò ospite, mi vede ma non può raggiungermi perchè è il cuore organizzativo dell’evento e tutti hanno bisogno di lui. Così mi ritrovo direttamente seduta in sala, in un angolo le mie valigie. Sono arrivata appena in tempo per la proiezione di Les Toits de Paris, un film sulla solitudine degli anziani a Parigi.
Hiner Saleem dopo la proiezione

Un film del regista kurdo iracheno Hiner Saleem, molto francese, nei ritmi e ovviamente nell’ambientazione. Un film poetico sulla fatica di accettare il declino. In sala gli spettatori sono sopratutto curdi: la comunità londinese, che vanta quasi centomila membri, porta sulle spalle tutta la fatica organizzativa, mi è subito chiaro che questa è soprattutto un’occasione per rinforzare il senso di identità della comunità locale e degli intellettuali della diaspora.
Il pubblico del cinema Rio

Perchè il Kurdistan è un paese che non esiste sulle cartine geografiche e si divide tra Iraq, Iran, Turchia e Siria. Trenta milioni di persone senza una cittadinanza comune. E tre milioni di espatriati.
Dopo il film, a cena, sono ospite del comitato organizzatore. Scoprirò poi di aver cenato con la crème dei registi e attori curdi. Qualcuno mi chiede se posso considerarmi “tipicamente italiana”. Non so come rispondergli, perchè in effetti anche loro non corrispondono quasi mai allo stereotipo del curdo: qualcuno sembra turco, qualcuno arabo, qualcun’altro potrebbe essere un meridionale italiano. E c’è anche qualche biondo con gli occhi azzurri.

A fianco a me c’è Jano Rosebiani che vive a Los Angeles e fa il produttore cinematografico. Dice che il film di Saleem è importante perchè non è chiuso in se stesso, non si rivolge solo ad un pubblico curdo, ma dimostra quanto questo cinema sappia essere sensibile al mondo. E sa accogliere finanziamenti per il cinema laddove ci sono. Perchè il grande problema di un cinema nazionale senza nazione è quello di non poter avere una industria cinematografica degna di questo nome. Domenica 2 dicembre arrivo al cinema a mezzogiorno e ci passo l’interna giornata, guardo documentari e cortometraggi in concorso. Tantissime le produzioni del Kurdistan iracheno, fino a poco tempo fa l’unica zona che abbia goduto di un momento di pace, di autonomia e di sviluppo (le ultime notizie riportate sul Il manifesto del 19 dicembre dimostrano quanto fugaci siano queste mie parole…). Le vicende storiche dei curdi in Iraq ma anche la condizione delle donne: femministe curde che lanciano le proprie invettive contro una società patriarcale e tribale che le condanna ad una condizione di subalternità. In cui l’atto estremo di ribellione delle donne è darsi fuoco. Sono particolarmente impressionata nello scoprire che si usa circoncidere le ragazze e le bambine (un modo delicato per dire infibulazione?). Ripenso alla manifestazione delle donne di Roma contro la violenza sulle donne, alla rabbia e al ruolo di vittime che aleggia ancora in questi documentari. La sera si proietta il secondo film di Saleem. Dol: The valley of tamborines. Ambientato in un villaggio curdo al confine tra Turchia, Iran e Iraq. Azad e Nazenin dovrebbero sposarsi ma la loro storia d’amore resta intrappolata inaspettatamente. L’intervento dei militari turchi durante il matrimonio costringe Azad alla fuga, una fuga rocambolesca attraverso l’Iraq e l’Iran, sostenuta dalla solidarietà transanazionale dei curdi, ma che non approderà ad un lieto fine. L’arbitrarietà dei confini è uno dei temi ricorrenti: comunità unite da legami familiari e clanici costrette a escogitare sotterfugi e ad aggirare la realpolitik delle armi delle guardie di frontiera. Come anche nel cortometraggio vincitore, Border.

Un cinema dotato di una inaspettata vena comica. Come quando il generale turco, spazientito di fronte alle canzoni in curdo al matrimonio di Azad, chiede una canzone in una lingua “non barbara” e il cantante intona un pezzo in inglese. Perchè ai curdi in Turchia (da quest’ultima definiti inappropriatamente turchi della montagna) non è concesso nemmeno parlare la propria lingua.

La commedia dicevamo. All’aereoporto norvegese Renas riceve la sua promessa sposa, curda come lui. Il suo sguardo non riconosce la ragazza della fotografia di cui si è innamorato a distanza. Winterland, del giovane regista Hisahm ZamanHisham Zaman mi ricorda Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata. E nel silenzio ovattato della neve ogni sguardo e ogni gesto rimbalza negli occhi dello spettatore con una irresistibile verve comica.

Oppure ancora come in My beatiful son will be the king, premio della giuria per il concorso dei corti, un gioiello di 9 minuti in cui il piccolo protagonista handicappato si esibisce a fare il sollevatore di pesi, il musicista rock, il fotografo, di fronte allo sguardo silenzioso delle sorelline, mentre è costretto al ruolo di malato ogni qualvolta il volenteroso dottore lo visita e sollecita dal padre l’operazione chirurgica.

L’handicap ritorna spesso, in documentari e corti, un po’ come effetto dei gas tossici che Saddam Hussein lanciò generosamente tra 1987 e 1988, prodromo della prima guerra del golfo. Un po’ a svelare la fatica di vivere di un mondo rurale blandito da qualche segno di modernità ma pesantemente condannato dalla mancanza assoluta di servizi sanitari, infrastrutturali per tutti, figuriamoci per i diversamente abili. Ciechi, muti, persone in carrozzina. Come il padre di Water, terzo posto nel concorso dei corti. Costretto su una carrozzella ad assistere impotente alla violenza sessuale perpetrata sulla figlia da un volenteroso venditore di latte.

La sera si discute animatamente, ci sono scambi di contatti, finchè il vino francese non fa il suo effetto e si balla con canti e percussioni, tutti vicini, spalla contro spalla, un ballo collettivo non individualista, come tante altre cose qua.
014.jpg Danze
Qui molti sono cittadini britannici o tedeschi. Altri sono rifugiati politici. In questo secondo caso non possono rientrare in Turchia o in Iran o in Iraq. Per chi ha un passaporto europeo significa invece godere di una enorme possibilità di movimento, poter girare film in Kurdistan, promuovere lo sviluppo del cinema.

Alan Amin vive a Manchester e mi fa da interprete con Sirwan Rehim013_sirwan-rehim.jpg, curdo residente in Germania, membro della giuria. Sono stati compagni di giochi da bambini a Kirkuk, adesso si sono ritrovati qui. Gli vedo luccicare gli occhi dopo l’ultima proiezione di Can, un film sui conflitti razziali e di classe in Germania, e sul bullismo come estrema forma di difesa della propria identità per le minoranze emarginate. “Vanno bene questi film anche se non sono di tema curdo. Abbiamo tante storie da raccontare, noi chiamiamo il Kurdistan il paese delle storie”. Un paese che è un luogo dell’anima e che si offre alla storia di Ruben Rodriguez, musicista per le strade di Buenos Aires, vittima della dittatura argentina, raccolta da Kia Aziz o a quelle dei tanti poeti, pittori e musicisti esuli, Sivan Perwer e i Berxwedan in testa, sparpagliati per mezza Europa.

009_a-amins-qadirk-aziz.jpgNella foto, Alan Amin, regista di Black days, con l’attore Saho Qadir, paratleta che perse le gambe ad Halabja durante l’attacco con i gas di Saddam Hussein.

012.jpgNella foto, il secondo da sinistra è Jano Rosebiani affinancato dall’attore protagonista di Water

testo di Giulia Gadaleta

tutte le foto sono di Roberto Giussani (c) 2007

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