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Il Covo dei Blogger: Lipperini: faccio prima il libro e poi il blog

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IL covo dei Blogger è una rubrica dedicata ai blog letterari che esce sul mensile “Letture”
a cura di Arianna Cameli

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Dopo essere uscita in libreria con l’antologia La notte dei blogger, Loredana Lipperini ha aperto un blog sulla Rete, invertendo il consueto percorso di pubblicazione che va di solito da Internet alla carta stampata.
A Loredana Lipperini, giornalista e blogger, chiediamo quando e come è nato il suo blog Lipperatura.
«È nato a fine novembre 2004, circa un mese dopo l’uscita dell’antologia La notte dei blogger. Quasi una necessità: si continuava a discutere del libro su altri blog, dove intervenivo nei commenti, e infine mi sono decisa ad aprirne uno mio».

Come venne accolto in generale?
«Difficile dirlo stando dalla parte della titolare. Credo con curiosità nei confronti di chi, come la sottoscritta, si era occupato di blog sulla carta stampata con alcuni articoli per la Repubblica o curando la raccolta di racconti per Einaudi. In alcuni casi, suppongo anche con acrimonia. In altri, con la voglia di condividere esperienze e riflessioni già esistenti (penso, per esempio, ad alcuni amici scrittori)».

Lipperatura non è né un semplice blog di segnalazioni, né un diario personale, ma rispecchia di più il cosiddetto blog di “tessitura”, ovvero costruisce trame e discorsi e promuove dibattiti critici. Che tipo di discussioni nascono su Lipperatura?
«Qui ci sarebbe un discorso complesso da intraprendere, che riguarda l’uso dei blog, e in particolare dei cosiddetti lit-blog o blog letterari: io resto convinta che non sia possibile servirsene come se fossero le pagine di una rivista cartacea o di un quotidiano. Credo invece che occorra camminare sulla linea di confine tra narrazione privata, cronaca e analisi critica. Questo vale anche nella gestione dei commenti: trascorso un primo periodo dove obiettivamente lasciavo che gli off topic passassero e proliferassero, all’inizio di quest’anno ho cominciato a chiedere di rimanere in argomento. Il rischio, altrimenti, è quello di seppellire sotto decine di commenti autoreferenziali quelli dove si desidera partecipare a una discussione».

Qual è stato in tutta la vita del blog il post più commentato?
«Non ho tenuto il conto. Sicuramente i post relativi alla cosiddetta polemica sulla Restaurazione, che si è svolta in varie sedi (oltre a Lipperatura, Nazione Indiana, I miserabili e il blog di Giulio Mozzi). Ma per un motivo preciso: era la prima, grande discussione – anche molto animata – che si svolgeva nei lit-blog, e probabilmente la prima a rimbalzare dal Web agli altri media (radio, prima, e poi i grandi quotidiani)».

Il primo post di Lipperatura?
«Semplicissimo: “Ho cambiato idea”. In riferimento a quanto avevo scritto nella prefazione all’antologia, trovando legittima la posizione di chi, come la sottoscritta, si limitava a leggere e a commentare i blog altrui».

Un blog non è uno strumento statico, come può essere ad esempio un giornale che confeziona le notizie di volta in volta, ma è sempre “in costruzione”, e soprattutto da solo non esiste. Chi frequenta di solito il tuo blog?
«Dipende. Ci sono frequentatori fedelissimi e nuove ondate. E molti lurker che si svelano solo di persona raccontandomi in dettaglio cosa hanno letto. Ovviamente, quasi tutti sono interessati al mondo letterario. Ma non necessariamente. Non c’è, insomma, un “partito” Lipperatura. Per fortuna, aggiungo».

Molti giornali ospitano nel loro sito i blog di alcune “firme” note. Che tipo di valore aggiunto ne ricavano?
«Vado per ipotesi: immagino che l’obiettivo, duplice, sia quello di portare contatti al sito e di essere presenti sul Web. Permettimi, però, una precisazione: la decisione di aprire un blog è stata mia, il giornale non mi ha chiesto assolutamente nulla e penso addirittura che lo abbia scoperto qualche tempo dopo. Kataweb mi ha semplicemente messo a disposizione la piattaforma (questo avveniva prima della migrazione su typepad, con la possibilità estesa a tutti, e non solo ai collaboratori, di avere un proprio blog su Kataweb). Ma non è detto che io rimanga legata per sempre agli amici di Kw. Presto potrei, come si suol dire, “andare a vivere da sola”».

Per un operatore culturale un blog può essere un trampolino di lancio e può permettere di allargare il proprio raggio d’azione. Può raggiungere anche un pubblico diverso dal solito?
«Non parlerei tanto di trampolino di lancio: io credo che un operatore culturale debba assolutamente avere un blog e usarlo come neurorigeneratore. Primo: perché ti consente di interloquire con i tuoi lettori (o ascoltatori) e di crescere professionalmente anche e soprattutto in virtù delle osservazioni che ti vengono fatte. Secondo: perché ti permette di accedere a una mole immensa di informazioni e di approfondimenti. Terzo: perché al momento è l’unico luogo dove poter discutere e condividere senza vincoli di spazio e di tempo. Quarto: perché ti fa uscire dalla solita nicchia. Fa bene, lo giuro».

Nel 2004 uscì per Einaudi l’antologia, da te curata, La notte dei blogger. Un libro che scatenò subito un grande interesse anche perché il blogging era un fenomeno ancora tutto da scoprire. Oggi rifaresti un’esperienza simile? E se sì come?
«Ovviamente non rifarei l’esperienza. Nel 2004 la funzione dell’antologia era quella di sparare un razzo di segnalazione affinché il mondo cartaceo si accorgesse che la cosiddetta blogosfera era un luogo di scrittura, e spessissimo di scrittura valida. Oggi fior di scrittori vengono dal blogging o vengono letti grazie al blogging. Non avrebbe più senso un’operazione di quel genere».

L’editoria si occuperà sempre di più degli autori presenti sul Web?
«Assolutamente sì. Per citare un solo nome, Roberto Saviano, l’autore di Gomorra è in un certo senso “nato” sul Web. E sempre più spesso mi capita di sentire editori che rimangono colpiti da un racconto pubblicato on line o da unblog».

Puoi darci qualche informazione sui blog letterari attivi in America?
«Ovviamente sono diversi quanto i blogger, difficilissimo generalizzare: tranne che in una constatazione. Mi sembra che i lit-blog americani e inglesi siano meno rissosi degli italiani, che si sia già oltrepassata la fase “mi faccio notare sputando veleno” che invece affligge ancora una parte della blogosfera nostrana».

Secondo te, qual è il futuro dei blog? E come si evolveranno?
«Per principio, non faccio profezie. Però ti regalo una frase di un fenomenologo americano, Dan Lloyd, che sostiene che Web e blog rappresentino, con la contemporanea sovrapposizione di passato e presente, la stessa coscienza umana così come le neuroscienze (e la filosofia) la vanno prefigurando ultimamente. Mi sembra di buon auspicio».


1 Risposta a questo commento
  1. maursac ha scritto:
    ottobre 12th, 2006 at 8:17 pm

    Complimenti ad Arianna che pone sempre delle domande semplici, ma poco “scontate”…E’ nel tentativo di imitarla che le chiedo: secondo te, Arianna, qual’è il futoro dei blog e come si evolveranno?

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